Monte Bianco
traversata dall'Aiguille du Midi

5 agosto 2001 - Roberto, Andrea e Lorenz


Questo racconto si riferisce alla salita compiuta nel 2001 mentre le foto sono quelle della stessa salita fatta con Elena l'anno dopo

 
 

Ecco un tentativo di relazione di quella che si rivelera' poi una autentica avventura alpinistica, di quelle che quando ci sei in mezzo non sai proprio se possa finire bene o male. Siamo in tre: Roberto (direttore corso che sto facendo alla SEM), Andrea (suo amico) ed io. L'obiettivo e' ambizioso: la traversata dall'Aiguille du Midi al Monte Bianco passando sotto il Mont Blanc du Tacul e il Mont Maudit. Si tratta di uno degli itinerari piu' belli del Monte Bianco e che presenta difficolta' tecniche non banali.

Partiamo sabato e per il tunnel del Gran Sanbernardo, raggiungiamo Chamonix. Il meteo non e' un gran che ma dopo aver consultato i bollettini locali e aver chiamato al Refuge des Cosmiques decidiamo di salire all'Aiguille du Midi e di andare al rifugio. Al limite faremo qualcosa in zona (Mont Blanc du Tacul per esempio).

Cosi alle16:00 prendiamo la mega funivia che in due tronconi porta ai 3842 m. dell'A. du Midi, da qui scendiamo un pendio nevoso e poi traversando su ghiacciaio raggiungiamo il Refuge des Cosmiques, privato, 3613 m. Lungo la traversata passiamo immediatamente sotto lo splendido granito rosso dell' A. du Midi, dove si svolgono vie famose come la Rebuffat. Il famoso granito del Bianco!! Finalmente lo vedo con i miei occhi.

Il rifugio e' molto bello, tutto in legno, rifatto pochi anni fa dopo un incendio. Ci tocca cenare con il secondo turno delle19:30 visto la folla di gente e i posti ai tavoli limitati. Ci sono parecchi italiani, la mattina dopo durante i preparativi riconoscero' un ragazzo che ho gia' incontrato due volte in cima all'Angelone. La cena e' eccellente ma ci conteniamo assai e mangiamo un piatto solo. Il timore di stare male dopo aver compiuto un tale sbalzo di quota in funivia c'e'. In realta' scopriro' poi di essere stato benissimo, di non aver nemmeno sofferto di mal di testa (incredibile! Di solito mi capita sempre). Ma un motivo c'e', ed e' un segreto che ho imparato dagli amici alpinisti di Lecco e dintorni. Anche Roberto sta benissimo mentre Andrea e' un po intontito e soffre un po di mal di testa. Come sempre mi capita non riesco a dormire ma, come mi hanno detto una volta in dialetto veneto, "se non riposa l'occhietto, almeno riposa l'ossetto" !

Ci alziamo all'una, ci prepariamo e facciamo colazione. C'e' parecchia gente che tentera' la traversata come noi, bene cosi', visto che pare ci sia da tracciare la via. Alle 2:00 lasciamo il rifugio in mezzo alla nebbia e sotto un nevischio fastidioso. Siamo fiduciosi perche' per oggi danno bel tempo. La via, almeno nella prima parte, e' tracciata. Procediamo con un buon ritmo formando una lunga fila di cordate che si sfilaccia man mano che troviamo larghi crepacci e qualche seracco da passare. Meno male che Roberto ha portato due picche, salendo da primo lo agevolano parecchio. Gli altri due che seguono invece devono penare un po di piu' con una picca sola, ma con l'aiuto di Roberto riusciamo a passare agevolmente questi salti di pochi metri ma che sono verticali.

Superiamo cosi' il Tacul e ci dirigiamo verso il Maudit. Siamo in testa con due cordate una di scozzesi e una francese. Per un breve tratto tracciamo anche la via. Affrontiamo pendii anche piuttosto ripidi in neve fresca ma procediamo con passo sicuro. Giungiamo all'ennesimo crepaccio che predece un pendio di ghiaccio sui 45 gradi. Seguiamo l'esempio delle due cordate che ci precedono e facciamo anche noi due tiri di corda che ci portano al Col du Mont Maudit (4345 m). Da qui, una facile traversata prima e una breve discesa poi, ci portano al Col de la Brenva.

E' qui che comicia ad investirci un vento gelido da ovest che ci costringe a fermarci e a vestirci con qualcosa di piu' pesante. L'operazione di sfilare zaino, guanti, berretto e  giacca in goretex, infilare il pile pesante e rivestirsi e' tutt'altro che semplice. Il pericolo che il vento si porti via qualcosa (soprattutto quel poco di calore che ho nel corpo) e' alto. Non ricordo che ora fosse quando riprendiamo la marcia, forse le 6 o 7. So solo che la temperatura ora e' scesa fino a -8 ma che con il vento si sente molto di piu'.

Da qui in poi il vento ci tormentera' sempre piu'. Molti decidono di tornare. Riesco a malapena a guardare dove metto i piedi e intuisco la direzione di marcia in base a dove va la corda. Le orme tracciate dal compagno che mi precede di 3 m si colmano subito della neve trasportata dal vento. Sfortuna vuole che mi si rompa il laccetto elastico che mi stringe il cappuccio sulla testa. Il danno e' notevole perche' cosi' il cappuccio si allarga completamente e mi tocca tenerlo con una mano calato sulla fronte. Sotto ho il mio inseparabile berretto di lana che pero' non fa miracoli in queste condizioni.

Il vento e' sempre piu' forte e ci soffia neve ghiacciata che fa un grand male quando arriva in faccia. Stimiamo la sua velocita' tra gli 80 e i 90 Km/h. Procediamo lungo un faticoso pendio a zig zag. Quando camminiamo verso sinistra il vento soffia da dietro, quasi ci spinge su e io posso anche permettermi di lasciare il cappuccio con la mano cosi che possa tentare di scaldarla. Ma quando si procede verso destra il vento ci piomba dritto addosso, la neve ghiacciata ci sbatte in faccia, sono costretto a procedere con la schiena piegata in due, appoggiando la mano a terra, perche' non vedo assolutamente nulla. E' veramente una sofferenza. Cosi' imparo che le curve a sinistra sono una gran bella cosa perche' ci lasciano il vento alle spalle, mentre quelle a destra portano solo guai.

Ogni tanto ci fermiamo per sincerarci delle condizioni di tutti e tre. Roberto ha le punta delle dita semi-congelate. Io il naso. Quello che sta peggio e' sicuramente Andrea, il quale dice di non vederci piu' da un occhio. Roberto lo aiuta a sfilare gli occhiali e si accorge che le cose si mettono male. Andrea ha un occhio incrostato di ghiaccio, lo zigomo e parte del naso sono giallastri, segno di un principio di congelamento. Alla bene e meglio riesce a liberare l'occhio dal ghiaccio. Strano come sia potuto accadere visto che indossa il passamontagna e gli occhiali sono muniti di paraluce laterale. Valutiamo se e' il caso di tornare indietro ma ci rendiamo conto che sarebbe anche peggio. Cosi' decidiamo di andare avanti. Non siamo lontani dalla vetta, ma soprattutto dalla discesa dall'altra parte.

Riprendiamo e mi pare di sentire un elicottero sopra di noi ma non ci giurerei. Di sicuro non mi azzardo ad alzare la testa per verificare e poi mi dico che un elicottero con questo vento non puo' volare. Alle 10:28, senza che me ne sia accorto, siamo in vetta ai 4807 m del Monte Bianco. Ci scambiamo un abbraccio veloce e ci dirigiamo immediatamente verso la cresta che, scendendo, porta alla capanna Vallot. E' finita. Da questo versante della montagna il vento sparisce quasi del tutto. Ora riesco ad alzare la testa. Vedo che l'elicottero c'e' davvero e continua a girarci intorno. E' incredibile vedere come riesca a volare, tutto di traverso.

Ora ci aspettano 2500 m in discesa passando dalla Vallot (4362), dal Refuge du Gouter (3817), dal Refuge de Tete Rousse (3167) fino al Nid d'Aigle (2386) dove riusciamo a prendere l'ultimo trenino delle 18:30 che ci porta a valle. Ci fermiamo a mangiare a Chamonix prima di ripartire per Milano. Alle 2:45 varco la soglia di casa mia e vado a dormire! Questa mattina mi sveglio e mi accorgo di avere una macchia scura sul lato destro del naso, a toccare fa male ma vedo anche non ho perso la sensibilita' al tatto quindi non mi preoccupo. E' il ricordo di questa avventura.  

Lorenz